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COMUNICAZIONE E STAMPA

Ricostruzione post-calamità, Ance: bene regia unitaria per coordinare attività di ricostruzione, ma
10 Aprile 2024 

Si è svolta il 10 aprile l’audizione dell’ANCE presso la Commissione Ambiente della Camera sul disegno di legge del Governo recante “Legge quadro in materia di ricostruzione post-calamità” (DDL 1632/C).

Il Vicedirettore generale Romain Bocognani ha evidenziato, in apertura, che, in linea generale, per i contenuti relativi alla ricostruzione privata, il provvedimento comprende diverse disposizioni, sia quelle relative alla governance, sia quelle relative alla pianificazione urbanistica territoriale, che riprendono complessivamente alcune delle procedure già sperimentate in occasione dei più recenti eventi sismici.

Ciò premesso, l’introduzione di un modello unico normativo finalizzato a regolare in modo organico le procedure di ricostruzione, una volta cessato lo stato di emergenza nazionale, è sicuramente una iniziativa condivisibile ma che potrebbe comportare alcune difficoltà nella sua attuazione in quanto deve, in ogni caso, porsi in continuità con la disciplina regolatoria che di volta in volta verrà emanata, tramite la decretazione di urgenza, per far fronte alla fase emergenziale oltre alle diverse specificità territoriali in cui avvengono i relativi eventi.

Come, infatti, evidenziato già nell’articolo 1 del Ddl, il testo unico sulla ricostruzione troverebbe effettiva applicazione in una fase successiva a quella più propriamente emergenziale (che trova la sua fonte normativa nel D.lgs. 1/2018).

Il Governo, infatti, laddove valuti che ne ricorrano una serie di condizioni e presupposti, può deliberare il cd. “stato di ricostruzione di rilievo nazionale” con durata variabile da un minimo di cinque ad un massimo di dieci anni. Tale periodo dovrebbe essere finalizzato a completare l’attività di ricostruzione in linea con quanto avviato nel periodo emergenziale, sia in termini di attività edilizia-urbanistica, sia in termini di riconoscimento dei contributi ai beneficiari.

Definire una diversa articolazione della governance e delle procedure relative alla ricostruzione privata che vada a collocarsi temporalmente in un periodo successivo a quello in cui viene dichiarato lo stato di emergenza potrebbe creare dei “colli di bottiglia” e vanificare la finalità di semplificazione sottesa all’iniziativa legislativa. Ciò in quanto verrebbe a crearsi una linea di demarcazione tra le due fasi: quella del post emergenza, durante la quale si provvederà a definire, nell’immediato, un assetto regolatorio analogamente a come avvenuto nei precedenti eventi calamitosi che hanno colpito varie zone del territorio italiano negli ultimi anni e la seconda, eventuale, che inizierà al cessare dello stato di emergenza.

Il provvedimento persegue la finalità di individuare un quadro normativo ben strutturato che, facendo anche tesoro delle passate e già sperimentate esperienze normative, definisca alcune regole che possano assicurare una certa stabilità procedurale evitando, di volta in volta, di stabilire soluzioni dettate dall’urgenza.

Nel definire questa cornice normativa si dovrà partire dall’analisi delle principali problematiche già vissute durante i diversi processi di ricostruzione e ipotizzare delle vie risolutive da mettere in atto per una politica pubblica sulla ricostruzione e post calamità.

Naturalmente non si può prescindere dal fatto che ogni evento calamitoso ha le sue specificità in termini di causa dell’evento, di danni ai fabbricati e alle infrastrutture e di impatto sui territori e sulla popolazione che impone, da questo punto di vista, la necessità di continuare ad avere una disciplina legata al singolo stato di emergenza, che sia specifica e puntuale, con la quale poi la disciplina “quadro” deve trovare il suo necessario punto di incontro.

In questo senso, potrebbe essere più ragionevole ed efficace circoscrivere il modello normativo unificato post calamità alla sola regolazione del quadro delle competenze e dei rapporti con le varie amministrazioni coinvolte. La struttura commissariale unitamente a quella di supporto e alle amministrazioni locali avrà precipuamente il compito di garantire il proseguimento dell’attività di ricostruzione già avviata individuando le criticità che ne ostacolano eventualmente la prosecuzione e adottando, di conseguenza, gli opportuni provvedimenti correttivi. In questo modo verrebbe a configurarsi una regia a monte che sia in grado di coordinare lo svolgimento delle attività di ricostruzione, assicurando un indirizzo unitario, nel rispetto delle peculiarità dei territori colpiti.

Sotto questo profilo si condivide la previsione di modelli straordinari per semplificare e accelerare le procedure attraverso, ad esempio, la Conferenza permanente (art.15) alle quali attribuire non solo l’espressione di un parere, seppur obbligatorio e vincolante, ma anche un ruolo decisorio.

Non appare condivisibile, invece, la necessità sotto il profilo urbanistico e edilizio di delineare un percorso obbligatorio per i Comuni in merito alle modalità procedurali di pianificazione (es. art. 8) quanto, invece, sarebbe più opportuno prevedere alcune misure incentivanti (previste anche da normative precedenti) che siano funzionali per accelerare la ricostruzione.

Infine, si evidenzia che sarebbe stato auspicabile normare alcune fattispecie che si presentano nella fase emergenziale più che in quella post ricostruttiva e che si traducono poi nell’emanazione di specifiche normative d’urgenza. In particolare, ci si riferisce alla previsione di un sistema automatico di sospensione e proroga di specifici termini (es, proroga dei titoli edilizi, autorizzazione paesaggistiche etc..) e che, pertanto, necessiterebbe di una specifica regolamentazione riferita alla fase emergenziale e non a quella successiva.

Un ulteriore tema sul quale sarebbe necessario intervenire in maniera organica e strategica, nell’ambito di un disegno di legge per la ricostruzione post calamità, è quello della gestione dei rifiuti.

Si tratta, infatti, di questioni di particolare rilevanza, non solo perché funzionali ad affrontare le situazioni emergenziali sin da primi momenti, ma anche perché sono destinate ad avere ripercussioni negli anni successivi.

Pertanto, se all’indomani dell’evento calamitoso è essenziale introdurre misure adeguate che siano capaci di agevolare la rimozione tempestiva dei rifiuti, è altresì fondamentale stabilire un insieme di procedure volte a semplificarne la gestione, così da valorizzare i materiali recuperati già nella fase della vera e propria ricostruzione.

Il provvedimento in esame contiene importanti disposizioni in questo senso, molte delle quali mutuate dalle esperienze passate e dimostratesi idonee a fronteggiare le situazioni di emergenza. Queste, frutto di un lungo e significativo lavoro di studio e confronto tra tutti i soggetti coinvolti, hanno portato a riorganizzare e rivedere competenze, ruoli, procedure e adempimenti.

In questa logica, si condivide pienamente la scelta di attribuire alle Regioni il compito di definire un apposito piano per la gestione dei materiali (sia quelli derivanti dall’evento calamitoso sia quelli prodotti con gli interventi di ricostruzione, riparazione e ripristino) con lo specifico intento di favorire il recupero e la valorizzazione dei rifiuti.

Appare pertanto positiva anche l’introduzione di un meccanismo semplificato per l’attribuzione dei codici di identificazione dei rifiuti e per il loro conferimento alle aree destinate al deposito temporaneo.

Tuttavia, sotto tale ultimo profilo, sarebbe auspicabile prevedere un ulteriore elemento. Infatti, sarebbe più opportuno che nell’ambito del piano stesso, e in deroga alla normativa vigente, venisse prevista espressamente la possibilità di individuare ulteriori siti per il deposito dei rifiuti rispetto a quelli indicati nelle prime fasi di emergenza.

Questo perché le esperienze passate hanno dimostrato come la gran parte dei rifiuti venga prodotta, di fatto, proprio a seguito dell’attività di ricostruzione e, pertanto, appare essenziale individuare specifiche aree dove potere collocare i materiali, in attesa del loro trattamento.

Del pari, andrebbe anche previsto l’incremento dei limiti quantitativi massimi degli impianti di recupero, in deroga a quanto stabilito dai rispettivi atti autorizzatori; così come il riconoscimento della possibilità di recuperare i materiali trattati con tempistiche maggiori rispetto a quelle ammesse in via ordinaria e, comunque, decorrenti dalla data di attribuzione del Codice EER.

Si tratta di misure che, in occasione di precedenti eventi calamitosi, sono già state introdotte e sperimentate e, proprio in tali occasioni, si sono rese necessarie ed essenziali proprio al fine di consentire l’effettivo recupero degli straordinari quantitativi di rifiuti generati in simili contesti.

Inoltre, sicuramente positiva, e in linea con quanto da tempo auspicato dall’Ance, è anche l’esclusione dal regime dei rifiuti dei resti di beni di interesse storico, architettonico e artistico, così come di quelli che hanno un valore simbolico appartenenti all’edilizia storica.

Sembrerebbe mancare, invece, una specifica disciplina volta ad agevolare la gestione delle terre e rocce da scavo. In proposito, si evidenzia che il DPR 120/2017, che rappresenta il riferimento normativo per tali materiali, non contiene una procedura ad hoc per fronteggiare le situazioni cd. di emergenza, a differenza di quanto in passato prevedeva il Dm 161/2012In proposito, si segnala che l’impianto procedurale delineato dal citato DPR 120/2017 è del tutto incompatibile con le condizioni esistenti post calamità, sia con riferimento alle tempistiche delle comunicazioni sia in merito agli obblighi di individuazione e di conferimento. Di conseguenza, è strettamente necessario delineare un’apposita procedura sul tema, che ben si può mutuare dalle esperienze passate, al fine di consentire la gestione di tali materiali come sottoprodotti e non come rifiuti.

Inoltre, si rappresenta la necessità di inserire una proroga generale di tutti gli adempimenti ambientali legati alla gestione dei rifiuti, dei sottoprodotti e dei cd. End of Waste. In tutti questi casi, infatti, i diversi procedimenti sono caratterizzati da molteplici adempimenti e dichiarazioni da rendere entro specifiche tempistiche che, in situazioni di emergenza, diventa difficile poter rispettare, sia per motivi logistici sia di reperimento di dati ed informazioni.

Per quanto attiene alla ricostruzione pubblica, infine, si conferma, in linea generale, il favor per la predisposizione di un corpus di norme finalizzato a definire un quadro giuridico uniforme per il coordinamento delle procedure e delle attività successive agli eventi calamitosi.

È, questa, infatti una soluzione che potrebbe scongiurare il ricorso – avvenuto sistematicamente nel recente passato – a procedure eccessivamente derogatorie che rischiano di compromettere la concorrenza e la trasparenza nella fase di affidamento degli interventi di ricostruzione.

Sotto questo aspetto, è quindi positiva la previsione di condizioni rigorose che limitano l’utilizzo delle procedure emergenziali ai soli casi in cui vi sia l’impossibilità di procedere al rientro nell’ordinario (art. 26, D.lgs. n. 1/2018), una volta cessato lo stato di emergenza di rilievo nazionale.

È altrettanto vero che, tra queste, viene contemplata la facoltà per il commissario di adottare ordinanze in deroga alla normativa dei contratti pubblici, reiterando quindi la possibilità di ricorrere a procedure a concorrenza ridotta, una volta cessato lo stato di emergenza.

Per evitare di penalizzare oltremodo il mercato, sarebbe invece auspicabile che, una volta cessato lo stato di emergenza, la cui durata dovrebbe essere funzionale ad un ripristino delle condizioni di ordinarietà, la successiva fase di ricostruzione avvenisse nel rispetto delle disposizioni del Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 36/2023).

Per il dettaglio delle valutazioni e proposte evidenziate da ANCE si veda il documento in allegato consegnato agli atti della Commissione per la pubblicazione sul sito web.